La vendita di Nietzche al minuto
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Il poeta-filosofo di Röcken non è più il paradossista misterioso del quale, qualche anno or sono, si trascinavano le briciole malintese sulle pagine delle riviste d'attualità. È passato, o sta per passare, nel canone ufficiale: ha già un archivio, una letteratura, una biblioteca, delle edizioni critiche e dei commentari. Fra qualche tempo potrà servir d'argomento a tesi d'università e qualche accademia prometterà un premio a chi s'impegnerà ad ucciderlo in trecento pagine. Questo assassinio è stato tentato da poco dal FOUILLEE, non ancora accademico ma aspirante all'Accademia, in un libro che ora soltanto mi son deciso a leggere, (Nietzsche et l'immoralisme. — Paris, F. Alcan, 1902).
Da troppi anni il Fouillée s'è consacrato alle idee-forze e dopo aver fatto l'evoluzionismo e la psicologia delle idee-forze vuol farne la morale.
Sembra che, sulla strada, il Nietzsche l'abbia disturbato. Allora il buon professore, nei «loisirs» che gli lasciava «le sejour dans une ville l'eaux d'Allemagne» (p. I) ha fatto conoscenza coi libri del «farouche immoraliste» e s'è messo a confutarli. Evidentemente non ce n'era bisogno. Le idee del Nietzsche son forse destinate ai professori di filosofia o ai moralisti francesi? Non pare. Per quanto il Nietzsche si sia date delle arie di apostolo pescatore di anime nessuno immaginerà ch'egli volesse trasformare l'anima del buon pedagogista amico della filosofia di Platone.
Le dottrine del Nietzsche, scrive il Fouillée, sono una pregiudiziale ad ogni tentativo di etica. Niente affatto. Chi vuoi fare dell'etica non può occuparsi delle negazioni del filosofo tedesco. Per discuterle bisogna ammettere per qualche tempo, col pensiero, l'impossibilità di una morale, cioè rinnegare sè stessi. Bisognerebbe che il signor Fouillée si persuadesse una buona volta, insieme a tanta altra brava gente, che le teorie filosofiche non sono per tutti.
Vi sono, dirò cosi, i nietzschiani-nati, che seguiranno Zarathustra malgrado tutte le belle ragioni dei filosofi francesi e d'altri luoghi, e vi sono i cristiani, gli umanitari, i seguaci del bene e del vero che non saranno scossi neppure dai più sfolgoranti aforismi übermensck. Siate sicuri che non si converte se non chi è convertito e che ciascuno ha la filosofia che gli conviene.
Veramente il Fouillée, oltre che la difesa della morale, aveva delle ragioni particolari per scrivere del Nietzsche. Tutti quelli che conoscono la filosofia francese degli ultimi anni sanno che il Fouillée s'è fatto il paladino, l'esecutore testamentario dì un giovine pensatore pieno d'ingegno che morì tisico lasciando tre o quattro libri pieni d'idee e di vita e un libro di versi. Ho nominato il Guyau. Si dice anzi a Parigi che questa affezione postuma del Fouillée si spieghi con ragioni di famiglia: pare che il Guyau fosse un figlio naturale del Fouillée. In ogni modo questi ha voluto dimostrare che molte idee del Nietzsche erano state ispirate dai libri del Guyau e questo libro tende a dimostrare che se l'imprudente Nietzsche si fosse limitato a copiare l'Esquisse d'une morale sans obligation ni sanction non avrebbe fatto la cattiva fine che tutti sanno. Infatti il Guyau dall'espansione della vita trapassò all'altruismo mentre il Nietzsche dall'affermazione della volontà di vivere e di potere passò vergognosamente all'individualismo. È facile prevedere che il paterno Fouillée non perdonerà mai questa infedeltà al barbaro Nietzsche. Costui, capìte, ha deviato dal Guyau, non ha saputo comprendere il punto di vista sociale del suo precursore. Anatema su lui! E il Fouillée s'è affrettato alla vendetta. Il Nietzsche non è originale, il Nietzsche si contraddice, il Nietzsche non è d'accordo coi fatti.... Tutte cose verissime, caro Fouillée ma che non provano nulla contro dí lui. Le vostre analisi sono esatte, le vostre argomentazioni in generale sono ben filate, le vostre citazioni sono irreprensibili. Ma avete dimenticato una cosa, cioè che la dottrina nietzschiana è dottrina di vita e vuol servire alla vita.
Essa può esser vecchia, contradditoria, falsa quanto volete ma è utile. Per l'azione noi non cerchiamo la moda, non curiamo troppo la coerenza e facciamo a meno della concordia colla scienza. Quando una dottrina serve cosa desiderate di più? Forse che l'evangelo non è pure ripieno di vecchiumi, d'incoerenze e d'inesattezze?
In Italia Francesco Orestano è stato più accorto. Invece di dare una battaglia s'è contentato di fare un riassunto: (Le idee fondamentali di Fed. Nietzsche nel loro progressivo svolgimento. Palermo, Reber, 1903), un riassunto fedele, ben fatto, ricco di citazioni e d'onestà. Egli ha concesso alla variabilità del filosofo quattro periodi di pensiero: pochi forse rispetto alla volubile ricchezza di quel pensoso ondeggiatore ma quanto più prossimi alla realtà che non il Nietzsche unico, statico, stecchito, figé del Vaihinger. Costui, da vero filosofo, volle ridurre la dottrina di Nietzsche a un solo principio: il primato della volontà, preso da Schopenhanur e portato all'affermazione attraverso il darwinismo. Da questo principio, diceva lo storico tedesco, derivano le tendenze nietzschiane, sette come le chiavi della leggenda e come i peccati mortali: l'antisocialista, l'antidemocratica, l'antifeminista, l'antintellettualista, l'antipessimista, l'antireligiosa. La lista potrebbe continuare ma il Vaihinger, forse per amore della Kabbala, ha moderato la sua smania classificatrice.
Anche l'Orestano classifica ma in una direzione di movimento, e dentro ogni periodo non si ferma soltanto a cogliere i motivi fondamentali ma non sdegna le vie traverse e le variazioni. Egli traduce filze di aforismi, di frammenti, di pensieri, poco curandosi se il libro viene a perdere un po' di rigidità architettonica. Ha capito che la vita degli eccezionali non è un carro su delle rotaie ma piuttosto un torrente che scende sulle pietre attraverso le foreste.
Infatti il Nietzsche, appunto perché è vivo, non si riassume e occorre cercarlo nei suoi libri. Per quelli che non sanno il tedesco l'Albert ha provveduto con quella sua bella traduzione francese ch'è già vicina a compimento.
È uscita da poco il Wille zur macht (La Volonté de Puissance, Essai d'une trasmutation de toutes les valeurs, 2 voll., Paris, Societé du Mercure de France, 1903) la quale è, come sappiamo, l'ultima opera del Nietzsche, la grande opera, quella che doveva coronare e sistemare il corso del suo pensiero. Dei quattro libri che la dovevano comporre non restano che note e frammenti, decifrati e pubblicati postumi della sorella Elisabetta Förster-Nietzsche. Le idee fondamentali son note: il primato della volontà attiva e affermante, la critica del cristianesimo e del nihilismo, la riabilitazione dell'uomo e dei suoi istinti. Come in altri molti libri del Nietzsche il meglio e il più personale è nel particolare e non so fare a meno di citare qualche gustoso frammento: «Kant: un misero conoscitore di uomini e uno psicologo mediocre. S'ingannava grossolanamente circa i grandi avvenimenti storici (Rivoluzione Francese); fanatico morale alla Rousseau; con una corrente sotterranea di valori cristiani; dogmatico da capo ai piedi, ma sopportando questa inclinazione con umore pesante fino al punto che vorrebbe tiranneggiarla, ma subito si stanca dello scetticismo. Non scosso ancora dal gusto cosmopolita e dalla bellezza antica.... un rallentatore e un intermediario. Non ha nulla d'originale — è in mezzo, come legame, come Leibnitz tra il meccanismo e lo spiritualismo, Goethe fra il gusto del settecento e il senso storico — ch'è essenzialmente il senso dell'esotismo come la musica tedesca tira la francese e l'italiana, come Carlomagno fra l'impero romano e il nazionalismo, è un rallentatore per eccellenza»
«I sofisti erano dei greci: quando Socrate e Platone presero le parti della virtù e della giustizia, erano dei giudei o non so che cosa. La tattica di Goethe per difendere i sofisti è falsa: egli li vuole far passare come gente dabbene e moralista, mentre era precisamente il loro onore di non far tante chiacchiere colle grandi parole della virtù».
A proposito del comportarsi dei geni nazionali rispetto a quel che ricevono e a quel che rendono ecco alcuni appunti che accarezzano il nostro patriottismo:
«Il genio inglese rende tutto ciò che riceve più grossolano e più naturale.
Il genio francese diluisce, semplifica, logicizza, prepara.
II genio tedesco mescola, trasmette, confonde, moraleggia.
Il genio italiano è quello che ha fatto, e di molto, l'uso più libero e più sottile di ciò che ha preso in prestito, ci ha messo cento volte di più di ciò che non aveva tratto, essendo il genio più ricco, quello che aveva più da donare».
Perchè non sperare che accada questo anche per il pensiero nietzschiano? Per ora l'unico che in Italia appaia continuatore del Nietzsche è il Morasso e non si direbbe davvero che dia, in questo caso, ragione al suo ispiratore.
Anche l'Inghilterra è stata affascinata da Zarathustra fino al punto da creare riviste ispirate da Nietzsche come quella chiamata The Eagle and the Serpent che usciva qualche anno fa a Londra e una piccola rassegna edita da Thomas Common a Edimburgo, che porta il nome di Notes for Good Europeans. Il primo fascicolo, uscito nell'autunno 1903, annunzia che desidera «non una democrazia sociale, ma una aristocrazia sociale» (11) e che si propone di raccogliere tutto ciò che «si riferisce al benessere umano» (12), intenzioni veramente poco ortodosse tal punto di vista di chi scrisse Al di là del Lene e del male. Segue una bibliografia nietzschiana e la notizia di un dramma pure nietzschiano di Bernard Shaw, Man and Superman ch'è una trasformazione del tipo di Don Juan attraverso le dottrine del superuomo. In fondo al dramma cì sono degli aforismi, e ne traduco due che sono degni, di finire questa rassegna intorno a un irriverente. «Non amate il vostro prossimo come voi stessi. Se siete in buone relazioni con voi stessi è un'impertinenza, se in cattive è un'offesa». «L'uomo ragionevole adatta si stesso al mondo, l'irragionevole persiste ad adottare il mondo a sè stesso, cioè il progresso deriva da gli uomini irragionevoli».
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